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Otto aziende su 10 comunicano no-frills

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INTERNET OF THING E IPNOSI DIGITALE

IoT

Psicologia

Dai robot assistenti di viaggio ai wearable in sintonia con i nostri corpi e perfino interfacce uomo-device che sembrano arrivare da un episodio di Star Trek: a livello mondiale già ad oggi sono 250 miliardi gli oggetti permanentemente connessi. Ma rimanere connessi ai dispositivi digitali per molte ore al giorno può portare a perdere il contatto con la realtà. A lanciare l'allarme è lo psicologo Stefano Benemeglio (www.stefanobenemeglio.com), padre delle Discipline Analogiche.

Settembre, 2018

Fino a pochi anni fa era impensabile potere indossare uno smartwatch per monitorare la nostra velocità o il nostro battito cardiaco, ascoltando musica, controllando le email e ricevendo nel contempo allerte sul meteo. Oggi invece tutto questo è diventato realtà e sono addirittura allo studio interfacce uomo-device che sembrano arrivare direttamente da un episodio di Star Trek. Lo sviluppo costante di dispositivi indossabili sembra inarrestabile, così come lo è il fenomeno fenomeno «IoT» (Internet of Things).

Quali rischi? «Rimanere connessi ai dispositivi digitali per molte ore al giorno può portare a perdere il contatto con la realtà e a vivere in uno stato di trance che altera i comportamenti» risponde lo psicologo Stefano Benemeglio (www.stefanobenemeglio.com), padre delle Discipline Analogiche, direttore scientifico dell'Università Popolare delle Discipline Analogiche (www.upda.it).


«Sempre più bersagliati da email, notifiche sui social e messaggini in chat a tutte le ore del giorno e della notte, aumentano i rischi di tecnostress e dipendenza» sostiene lo psicologo noto per i molti esperimenti di successo portati avanti nelle sedi più prestigiose, includendo anche l'Ordine dei Medici di Madrid e l'Università «Pompeo Fabra» di Barcellona.

A preoccupare gli analisti dell'Università Popolare delle Discipline Analogiche (www.upda.it) non è tanto l'automazione di 75 milioni di mansioni svolte oggi dall'uomo quanto gli effetti a livello psicologico e sociale di un'automazione a così grande scala. Secondo il World Economic Forum, infatti, entro 7 anni i robot svolgeranno più della metà dei lavori attualmente esistenti.

Ed ancora più preoccupante è l'integrazione uomo-macchina. «I ricercatori delle maggiori università mondiali stanno lavorando allo sviluppo di tatuaggi basati su nanofilm elastomerici che possono essere applicati sul corpo umano come tatuaggi per controllare computer, smartphone e altri dispositivi indossabili» puntualizza Samuela Stano, presidente dell'Università Popolare delle Discipline Analogiche (www.upda.it).

I ricercatori della Waseda University, una delle più importanti università private del Giappone, hanno già creato una stampante a getto d'inchiostro che stampa un nano-foglio con inchiostro conduttivo 120 volte più sottile di un capello umano, capace di ospitare circuiti conduttivi flessibili per consentire un utilizzo confortevole sulla pelle.

«I nostri corpi saranno così trasformati nei controllori biologici dei nostri dispositivi digitali» prosegue Samuela Stano.

La tecnologia si sta chiaramente spostando dall'esterno all'interno dei nostri corpi. Si va verso la creazione di interfacce uomo-device, con circuiti flessibili stampati su pellicola che potranno essere applicati sulla nostra pelle consentendo un'ampia gamma di utilizzi diversi, dal supporto per il business ai sistemi che offrono consigli per la vita quotidiana.

Quali sono i consigli dello psicologo? «Il cambiamento è tanto radicale da essere in grado di disumanizzare l'essere umano. L'unico modo per affrontarlo è la consapevolezza. Senza consapevolezza tutto questo progresso porterà ad alterare l'equilibrio psicologico, alla dipendenza emotiva, al narcisismo egoico e perfino al delirio di onnipotenza» specifica il padre dell'immenso patrimonio culturale rappresentato dalle Discipline Analogiche, Stefano Benemeglio.

Ma senza essere ancora arrivati a quel punto già oggi l'interconnessione è riuscita a creare in molti casi gravi disturbi psicologici. «Troppe ore trascorse navigando su Internet possono favorire l'insorgere di attacchi di panico, ansia, depressione, insonnia, manie compulsive e perfino patologie cardiocircolatorie e gastrointestinali» sostengono gli specialisti dell'Università Popolare delle Discipline Analogiche (www.upda.it).

Il fattore di rischio che può condurre alla patologia è un nuovo fenomeno che si può definire «ipnosi digitale». Un fenomeno che può portare una persona a rimanere connessa ai dispositivi digitali per moltissime ore al giorno, al punto tale da focalizzare l'attenzione solo su quello escludendo tutto il resto, perdendo il contatto con la realtà, ritenendo possibile anche l'impossibile e sperimentando quindi uno stato di trance che altera i comportamenti e le reazioni al mondo esterno.

«Sotto ipnosi una persona non sente il dolore e può eseguire ordini senza nessuna obiezione critica. Nei miei pazienti -ad esempio- posso eliminare una fobia in una sola seduta e mi basta un'ora per fare smettere ad una persona di fumare. Ed è così -almeno in parte- anche per la tecnologia: Internet può essere ipnotico. Trascorrere intere giornate costantemente esposti ad un fiume di informazioni digitali può provocare un'alterazione della realtà e portare a comportamenti anomali, spesso compulsivi. Il soggetto può trasformarsi in un automa e fare perfino cose prive di senso» conclude lo psicologo (www.stefanobenemeglio.com).

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